Le mostre

 
 

 

Monete e medaglie all'epoca di San Pio V

Curata da Giorgio Fea, la rassegna ha proposto monete, medaglie e testimonianze iconografiche risalenti al XVI e al XVII secolo, provenienti da Padova (Museo Bottacin), Cherasco (Museo G. B. Adriani), Magliano Alpi (Studio Bibliografico Bosio), Mondovì (Archivio del Comune, Cattedrale, Curia vescovile e Parrocchia dei Santi Giovanni ed Evasio) e da collezioni private.

“A quasi quarant'anni dalla tornata di studi indetta dalla Deputazione Subalpina di Storia Patria (15 maggio 1966), l'attenzione degli studiosi e del pubblico è di nuovo rivolta alla figura di Michele Ghislieri, papa Pio V, unico pontefice di origini piemontesi - commenta Giorgio Fea -. Allora si trattava del quarto centenario dell'assunzione al soglio pontificio, ora si ricorda il quinto centenario della nascita”.
“Dopo la relazione tenuta all’interno del convegno di studi Identità del Piemonte fra Medioevo ed Età moderna, svoltosi a Palazzo Lascaris, in occasione della Festa del Piemonte il 22 aprile scorso, e la realizzazione di un prezioso dittico che riproduce la moneta e la medaglia per molti aspetti più significative del pontificato di papa Ghislieri - continua - le iniziative per questo anniversario proseguono con questa mostra che intende presentare la figura del pontefice attraverso l’esposizione e lo studio di documenti coevi; in particolare viene presentata la produzione monetale e medaglistica del periodo, con specifico riguardo all’attività delle zecche pontificie”.
Sui contenuti della mostra, Fea precisa: “Nel Cinquecento la medaglia diviene, per le principali dinastie europee, e per la Chiesa, strumento di propaganda politica e religiosa ad ampia diffusione, affiancandosi alla moneta che aveva assolto a tale compito sin dall’epoca romana. Nei coni del periodo i Pontefici sono ritratti come principi regnanti, e la loro supremazia politica e religiosa è esaltata dalla maestosità dei paludamenti, le cui dimensioni e la cui ricchezza permettono di racchiudervi spesso ulteriori raffigurazioni narrative o allegoriche, preludio all’attenzione per il dettaglio ed alla sovrabbondanza decorativa che saranno tipiche del barocco. Accanto a questa iconografia si fa tuttavia sempre più frequente una raffigurazione del pontefice più dimessa, che ne sottolinea la carica spirituale sostituendo alle ricche vesti una semplice cappa, e concentrando tutta l’attenzione sui tratti del volto, intensamente caratterizzato. Sui rovesci le rappresentazioni dell’arma pontificia o quelle ispirate a temi religiosi, che continuano a dominare incontrastate sulle emissioni monetali, si alternano invece, sulle medaglie, con sempre maggior frequenza a scene legate alla vita ed alla realtà contemporanea. Ne sono esempio, per il pontificato di Pio V, le celebri medaglie commemoranti la Lega Santa e la battaglia di Lepanto, a lungo riconiate anche nei secoli successivi a testimonianza del grande entusiasmo suscitato dalla vittoria in tutto il mondo cristiano. Le matrici sono opera di due tra i più noti incisori attivi presso la zecca di Roma, il parmense Giovan Federico Bonzagni (1508?-1588), attivo sia per la corte pontificia che per quella dei duchi Farnese, ed il milanese Giovanni Antonio de’Rossi (1517-post 1575). Artisti di indiscusso valore, sono ricordati anche come orefici ed incisori di cammei di di eccezionale levatura. Non bisogna infatti dimenticare che la zecca capitolina era una delle più importanti d’Europa ed attirava i migliori esponenti delle differenti scuole del continente, che spesso dichiaravano apertamente di ambire ad operarvi. Un doppio legame unisce tutte le opere in mostra: da un lato la loro valenza storica ed artistica, dall’altro il loro valore iconografico che consente di raffrontare l’interpretazione che artisti spesso distanti per cultura, epoca, sensibilità artistica, hanno dato di un personaggio da sempre molto discusso e molto amato”.

 
       
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